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Atto Magico

Monika Grycko, Ilaria Minelli, Valentina Palmi, Ilaria Piccirillo, Arianna Zama

Faenza | 8 – 23 marzo 2023
Monika Grycko, Ilaria Minelli, Valentina Palmi, Ilaria Piccirillo, Arianna Zama
La mostra
Una mostra collettiva in cui le artiste recuperano la memoria di antiche civiltà matriarcali e celebrano il disordine come opportunità per capire meglio se stessi e il mondo. Espongono: Monika Grycko, Ilaria Minelli, Valentina Palmi, Ilaria Piccirillo, Arianna Zama
Artist*
Sheela has no fear
Queste fotografie fanno parte di una serie ispirata alle Sheela-na-gigs, ovvero figure scultoree aventi una funzione protettiva, di probabile origine celtica, che un tempo venivano posizionate di guardia sulle porte cittadine, sui muri delle chiese ma anche di case comuni. Queste figure sono ritratte nell’atto di mostrare la vulva, un gesto che ora risulta più difficile da comprendere appieno ma che fino a qualche secolo fa era pregno di significati simbolici e religiosi.
In uno degli “Inni omerici”(600-700 a.C.) è presente un mito chiamato A Demetra che dovrebbe aiutare a capire meglio la loro funzione. Il mito narra appunto della dea della fertilità e dell’agricoltura, che vaga sulla terra alla ricerca disperata della figlia Persefone, rapita da Ade e portata sottoterra, nel regno dei morti. Demetra, afflitta dalla sua situazione, si rifiuta di mangiare e di bere, e percorre molte miglia alla ricerca di sua figlia.
Man mano che il suo corpo si indebolisce per via della fatica e per la mancanza di nutrimento, la terra deperisce con lei, e tutta la vegetazione terrestre nelle sue vicinanze comincia a seccarsi e morire. Gli uomini, che vedono l’avvicinarsi di un’imminente carestia, provano allora a chiedere aiuto agli dei, ma niente servì a placare la disperazione di Demetra. Per i raccolti e l’umanità sembra non esserci più scampo. Nel mito a questo punto fa il suo avvento un personaggio molto interessante, Iambe, che mediante “scherzi volgari”, riesce a rasserenare l’umore di Demetra, convincendola anche a bere e mangiare,e la terra rifiorisce. Iambe in origine
era una divinità anatolica, nota anche come Baubo, che fu poi adottata dai greci. Ma in che cosa consistono quegli scherzi volgari che convinsero Demetra a nutrirsi di nuovo? Il mito li descrive così: “Dopo che Baubo ebbe parlato, sollevò gli indumenti mostrando alla dea le sue parti intime.
[…] Demetra sorrise e anche il suo cuore iniziò a sorridere”. Pare che il mostrare la propria vulva fosse quindi un gesto capace di infondere forza nell’altra persona, anche di tipo umoristico, e di sconfiggere il male. Nelle molte feste in onore di Demetra, come in altri culti sacri prevalentemente femminili, mostrare la vulva era considerato parte vera e propria del rituale, e troviamo riferimenti culturali e religiosi inerenti a questo gesto anche in altre culture, oltre che a quella greca. Si trovano infatti descrizioni riguardanti l’antico egitto, in cui le donne in occasione delle festività in onore della dea gatta Bastet, eseguivano alcune danze mostrando la propria vulva, ma questo gesto si riscontra anche in alcune fiabe europee dell’Ottocento, dove delle donne sollevavano la propria gonna davanti al diavolo per scacciarlo.
La vulva e in generale il corpo femminile facevano parte del mondo sacro e spirituale, a volte anche esistenziale, e non erano considerati come l’opposto del divino, com’è avvenuto invece in seguito a causa delle teorie scientifiche e religiose che furono imposte e che ebbero grande impatto a livello sociale.
Questo lavoro vuole essere una rivendicazione di potere e un omaggio, un atto di spavalderia non per forza attribuibile alla figura “Donna”, ma più in generale un rovesciamento di principi di vergogna corporea che vengono imposti da secoli alle persone dotate di vulva, qui rappresentata come qualcosa che con l’erotico centra poco, ma che ha tanto a che fare con un mondo più esoterico e misterioso.